venerdì 19 ottobre 2012

Riconsiderazioni sull'evoluzionismo e sul concetto di specie

La biologia moderna poggia principalmente su un pilastro fondamentale: la teoria dell'evoluzione delle specie, riconducibile all'opera di Charles Darwin (morto nel 1882), che fece della selezione naturale il motore dell'evoluzione della vita sulla terra. Darwin teorizzò la discendenza dei primati e, quindi, dell'uomo, da un antenato comune a tutte le specie viventi e, soprattutto formulò la sua teoria sulla selezione, proponendo l'idea di una lotta continua per la sopravvivenza all'interno della stessa specie e nell'ambiente esterno, una lotta in cui gli individui più forti, cioè strutturati per raggiungere e conservare le risorse naturali, avevano un vantaggio evolutivo, in quanto riuscivano a riprodursi più facilmente rispetto ad individui meno "adatti". In altre parole, vi sono variazioni ereditabili all'interno delle specie che, esposte a fattori ambientali particolari, favoriscono il processo riproduttivo di alcuni individui rispetto ad altri. La comunità scientifica assume le teorie di Darwin come paradigmi su cui costruisce, da secoli, i suoi modelli di riferimento, non avvedendosi delle contraddizioni a cui giunge, se tenta di estendere al contesto microbiologico le leggi dell'evoluzione, la classica definizione del concetto di specie e, soprattutto, la "moderna" tassonomia linneana binomiale.
Attualmente è incoerente procedere ancora su questa strada: i progetti genoma hanno inconfutabilmente messo in dubbio la nostra comprensione di ciò che caratterizza una specie, specialmente in ambiente procariotico, perché la definizione classica di specie non si può certamente applicare ai microrganismi. In effetti, la classificazione linneana fu applicata ai microrganismi per la prima volta con Koch, ma subito si comprese che questo tipo di catalogazione era imprecisa poiché molte delle specie batteriche risultanti includevano ceppi con proprietà morfologiche e patogeniche totalmente differenti (ad esempio alcune potevano essere innocue e altre letali). Durante il XX secolo si iniziò a definire il concetto di specie in termini evolutivi ed ora pensiamo ad una specie come ad un insieme di individui che possono incrociarsi tra loro.
Per i microrganismi questa definizione non è più adatta, perché, tra procarioti di specie biochimicamente e fisiologicamente diverse, ci può essere tranquillamente scambio di geni. Inoltre, l’entità del trasferimento genico laterale, rivelata dal sequenziamento, ha messo tutto ancora più in discussione (Ochman, 2000).
Chiaramente molti scienziati hanno voluto considerare questo fenomeno solo come un altro meccanismo biologico, forse soltanto un po’ più complesso, dell’evoluzione, ma la realtà è che ha messo in crisi la filogenesi e si avverte in maniera sempre più tangibile la necessità di riconsiderare la validità dei modelli evolutivi stabiliti in era pregenomica. Appare chiaro che la storia evolutiva di batteri e archeobatteri non può essere ricostruita facilmente e men che meno descritta come un semplice processo di ramificazione.
Sembra di essere giunti ad una vera e propria distorsione cognitiva, in cui vediamo la scienza che è caduta nella trappola di credere all’idea più conveniente per liberarsi da dubbi e riconsiderazioni che potrebbero scalfire le sue fondamenta.  
Per contraddire gli scienziati fedeli alle teorie di Darwin non basterebbero nemmeno i casi di evoluzione convergente (geni comuni presenti in animali che non possono avere antenati comuni, come il caso della glico-proteina Afgpv prodotta da due specie totalmente differenti di pesci che vivono in zone opposte del pianeta), o l’impossibilità della speciazione, perché inizierebbero a parlare di pressione selettiva e di incomprensibili meccanismi evolutivi che si fanno sempre più criptici e che sfuggono alla nostra conoscenza.

Per un’analisi più approfondita delle critiche all’evoluzionismo, in sede genetica e molecolare, si segnala questo video...

...ma soprattutto il libro di Michael Denton "Evolution: A theory in crisis" Ecco cosa dichiarava Denton in un’intervista:
"The most serious objection I have is with the nature of mutation. Darwinism is based on the idea that all the mutations which have been selected during the course of evolution were, when they initially occurred, entirely random. Mutations are random, and when an organism has a mutation which in fact is advantageous to it, that's purely fortuitous. This is the essential bedrock of Darwinism. The mutational input into living things is, as it were, at random.
Now, the problem with this doctrine is that we simply don't know much about mutations. My own field is human genetics, and while I certainly accept that the deleterious mutations which occur in humans and cause human disease are random, what I don't know about is the vast undercurrent of mutations (which we really don't see) that may be neutral, may have no particular deleterious effect and may not be particularly advantageous." 
  
In Italia, la critica all’evoluzionismo ha trovato un brillante esponente nel prof. Giuseppe Sermonti, docente, genetista, microbiologo e saggista, divulgatore della teoria devoluzionista, che esordì come scrittore con Il crepuscolo dello scientismo, edito da Rusconi, dove rifiutava l’idea che la realtà si potesse conoscere esclusivamente tramite la scienza moderna. Le sue teorie sono state ovviamente considerate pseudoscientifiche.
  
Ecco un suo articolo degno di nota:

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